Nastro trasportatore dell’Enel a Brindisi
Nastro trasportatore dell’Enel a Brindisi
Legambiente Puglia: «È scontato che forti piogge producano il progressivo colmamento, fino all’evenienza estrema del tracimamento del canale realizzato in adiacenza al nastro trasportatore. L’incidente ripropone fatti già avvenuti in passato. È ora di affrontare con fermezza la questione»
«L’incidente lungo il percorso del nastro trasportatore del carbone verso la centrale di Brindisi Sud è, più che annunciato, una riproduzione, in misura più evidente, di fatti già avvenuti». È perentorio il commento di Legambiente Puglia su quanto accaduto a Brindisi presso la centrale Enel in seguito all’allagamento del 15 gennaio scorso.
Sin dall’esame del progetto preliminare della centrale termoelettrica Legambiente, nell’ambito di un’articolata disamina tecnica sull’impianto, sottolineò l’assenza di un aggiornato studio geognostico del sito (quello allegato risultava datato anche in merito all’effettiva linea di costa già allora interessata da fenomeni erosivi).
Pur in presenza di mutamenti in corso d’opera rispetto al progetto preliminare sono stati realizzati interventi che hanno interessato, fra l’altro, corsi d’acqua e falda freatica superficiale e la realizzazione del nastro trasportatore ha inciso, sensibilmente e gravemente, su aree umide (quella di Fiume Grande in modo più significativo, ma anche sulle Saline di Punta della Contessa), su corsi d’acqua (da Fiume Grande, in parte tombato, a Foggia di Rau, al Canale Li Siedi) ed appunto sulla falda freatica superficiale.
«È assolutamente scontato – dichiarano Francesco Tarantini e Fabio Mitrotti rispettivamente presidente di Legambiente Puglia e presidente del Circolo Legambiente di Brindisi – che forti piogge producano il progressivo colmamento, fino all’evenienza estrema del tracimamento del canale perimetrale realizzato in adiacenza al nastro trasportatore».
Tale canale, bruscamente, intercetta il regolare deflusso di acque verso acquitrini, paludi, canali di scolo delle acque meteoriche, incidendo sugli equilibri chimico-fisici della stessa risorsa acqua e su quelli biologici in essa presenti.
Legambiente evidenzia la ulteriore pericolosità dello sversamento di polveri e fanghi di carbone, verso le aree umide, in relazione all’apporto nella catena biologica di pericolosi inquinanti, fra cui metalli pesanti (arsenico, berillio, cadmio, piombo, ecc.), alcuni di questi bioaccumulanti ed ad alto potere patogeno e, in qualche caso, oncogeno.
«Quanto accaduto in questi giorni – concludono Tarantini e Mitrotti – è la conferma delle ragioni dell’azione di chi, come Legambiente, ha voluto, nell’ambito del processo che vede imputati anche dirigenti dell’Enel, evidenziare, oltre a reati sicuramente configurabili come ambientali, l’esistenza di un danno ambientale, come definito nel testo unico dell’ambiente Dlgs 152/2006».
Tocca ora alle Istituzioni, senza lasciarsi condizionare da infondate notizie sul rischio di mancata disponibilità di carbone (il carbonile ha una capacità di 750.000 tonn. pari al fabbisogno per tre gruppi per circa 50 giorni) affrontare con fermezza la questione, che non è certo frutto del destino cinico e baro, ma dell’assenza prolungata di una governance politico-istituzionale sulla gestione dell’impianto e dell’intera zona industriale.
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