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Braccianti morti nel foggiano, Legambiente aderisce alla manifestazione di Foggia

sfruttamento in agricoltura

L’associazione in piazza mercoledì 8 agosto contro ogni forma di sfruttamento e per un’agricoltura buona, pulita, ma soprattutto giusta

«Non c’è pomodoro buono e pulito in agricoltura se non è stato prodotto in maniera etica, giusta, onesta, se non è stato coltivato senza schiavi e caporali. Anche Legambiente sarà mercoledì a Foggia per ribadire che è ora di fermare questa mattanza che ha dei precisi mandanti. Chi continua a schiavizzare i braccianti, per lo più stranieri, impiegati nelle campagne di raccolta deve essere punito e per farlo è necessario che le tutte istituzioni coinvolte si assumano finalmente la responsabilità di applicare la legge per il contrasto al caporalato».

Così Stefano Ciafani e Francesco Tarantini, rispettivamente presidenti di Legambiente nazionale e Legambiente Puglia, annunciano la partecipazione dell’associazione alla marcia di domani, mercoledì 8 agosto, a Foggia indetta da Flai Cgil, Arci, Libera, Terra!, Consulta sull’immigrazione di Foggia e Cerignola, Casa Sankara, Intersos, Amici dei Migranti e altre associazioni, per portare innanzitutto solidarietà alle famiglie dei sedici braccianti morti negli incidenti di ieri e di sabato scorso e a quelli rimasti feriti.

«Parliamo di ragazzi poco più che ventenni che viaggiavano su furgoni adibiti al "trasporto di cose”, dopo una terribile giornata di lavoro nei campi per pochi euro l’ora. Ceesay Aladje, Balde Amadou e i loro compagni, alcuni ancora non identificati, non erano "cose”. Erano persone che avrebbero avuto diritto ad altri mezzi di trasporto, altri salari, altri servizi, altri alloggi e condizioni di vita – aggiungono Ciafani e Tarantini –. Della vita di questi migranti schiavizzati dai caporali non interessa a nessuno perché non infastidiscono i bagnanti sulla spiaggia e non chiedono l’elemosina all’entrata del supermercato, ma lavorano invisibili in un paese ipocrita che dice di poterne fare a meno, a sud e a nord, nei campi di pomodoro della Capitanata, in quelli di angurie del Salento, nei meleti dell’Alto Adige o nei vigneti in Franciacorta. Invisibili fino a quando non vanno a sbattere contro un Tir che trasporta quello che loro hanno raccolto. La statale Adriatica e la strada provinciale 105 – concludono Ciafani e Tarantini – sono ancora rosse di sangue e di pomodori, rosse come la salsa che troviamo per pochi centesimi sullo scaffale di molti supermercati, che costa così poco perché non è fatta solo di pomodori, ma anche del sangue e del sudore di Ceesay Aladje, Balde Amadou e dei loro compagni, alcuni ancora non identificati».